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In Memoriam

Era una splendida notte senza luna. Il cielo era costellato da miriadi di stelle, che sembravano ammiccare a quelle due ragazze che stavano entrando nel cimitero, come per dimostrare la loro simpatia.
Nel camposanto in cui i defunti venivano commemorati con splendide lapidi non giacevano corpi in decomposizione, ossa consumate dai secoli, volti di teschi ghignanti deformati dalla polvere degli anni.
In quel luogo lontano e dimenticato, nel quale gli unici indicatori del tempo che passava erano il sole e la luna, l’alternarsi ciclico del giorno e della notte, un eterno susseguirsi di giorni, mesi, stagioni, piogge e neve; quel posto abbandonato dalla grazia divina, trascurato da mani umane, lì regnava sovrano Cronos. Era il dominio del Tempo, eppure esisteva da oltre la memoria potesse rammentare, ed esiste, e continuerà ad esistere.  Struggenti epigrammi, dolci epitaffi, pietre tombali impregnate di ricordi ancora vivi e pulsanti, nonostante essi siano ormai freddi e giacciano nell’oblio.
Il contatto con il marmo freddo fece rabbrividire Iris, ma nonostante ciò continuò a ricalcare col dito l’iscrizione sulla lapide polverosa. Persa in una sorta di estatica ammirazione, Calista, intanto, contemplava il malinconico fiorire delle rose blu, che sotto i raggi lunari riflettevano una vaga sfumatura violacea sui petali che sembravano morbidi schizzi di colore sulla tela di un pittore romantico.
Una dolce e triste melodia si diffuse nell’aria, come per dare il benvenuto alle visitatrici di quel santuario remoto.  La malinconica musica pareva invitarle a seguirla, ed esse, come in una onirica fantasia, le obbedirono e si lasciarono cullare dalle sue note suadenti e allo stesso tempo strazianti, per quanto erano intrise dell’idea della fragilità della vita e della tragica fatalità della morte.
Non percepirono nessun movimento, non un fruscio che tradisse una qualche presenza, soltanto il fischiare leggero e quasi impercettibile di una brezza gelida come le lande desolate dell’immenso Nord.
Non riuscivano a capire la plantimetria del luogo, poiché sembrava loro che ci fossero mille ingressi e sentieri lastricati in aggiunta ai quali le tombe tutte differenti non le aiutavano di certo ad orientarsi in quello che aveva tutta l’aria di essere un labirinto fatto di marmo ed edera. Le voci dell’ombra e dell’aria, però, le guidavano con premura attraverso la leggera nebbia che si stava formando ai loro piedi e saliva con lentezza, carezzando le vesti delle due fanciulle, mentre minuscole gocce di umidità giocavano con le loro lunghe chiome.
Il profilo sfocato e vago di una costruzione cominciò a delinearsi nella foschia, definendosi più chiaramente man mano che si avvicinavano, e poterono scorgere le colonne  in ordine corinzio di un tempio greco, riuscendo anche a distinguere diverse scene del fregio, il quale probabilmente raffigurava una sorta di processione.
In cima alla scalinata presero forma due alte figure, dapprima indistinte, apparendo in un secondo momento in tutta la loro fulgida maestà.
Davanti a loro si stagliavano immobili due donne bellissime, forse dee nella loro statuaria perfezione.
Erano gemelle, indentiche dalla testa ai piedi, a parte per le vesti e alcuni particolari: una aveva i capelli neri come l’ala del corvo, quelli dell’altra erano candidi come le piume della pernice delle nevi; inoltre gli occhi delle prima erano di un enigmatico viola intenso, quelli della seconda erano caldi come oro colato. La loro pelle era chiarissima, color avorio, anche se sembrava senza consistenza, come quella dei fantasmi che probabilmente dimoravano in quel santuario solitario.
D’istinto seppero che il nome della donna dai capelli bianchi e gli occhi dorati era Mneme, anche se non riuscivano a comprendere il motivo di tale certezza, sapendo soltanto che il suo nome si era come impresso a chiare lettere nelle loro menti.
Ella prese a parlare, la sua voce chiara, limpida e musicale come le notedi un pianoforte suonate dalle mani di un esperto e abile musicista.
-Benvenute nel nostro regno. Io e mia sorella siamo liete di accogliervi tra le nostre creature. Siate ospiti felici di un luogo in cui la solitudine domina sovrana; vogliate illuminare con la vostra presenza il pensiero triste che aleggia qui dentro.
-I vostri cuori sono puri,- continuò l’altra donna. Notarono che la voce di questa, a differenza di quella di Mneme, era morbida, bassa e misteriosa, a ricordare le note gravi e vibrate di un’arpa. -I vostri cuori sono ancora puri e giovani, quasi fossero primule quando le ultime nevi si sciolgono e cedono il posto al sole primaverile; come le acque delle sorgenti invernali, così i vostri animi sono cristallini. Tutto in voi è  testimone di innocenza. Eppure un grave dolore pesa su di voi, opprimendo la vostra gioia, e io, Lethe, posso soltanto offrirvi come aiuto la dolcezza dell’oblio, ma non potete trovare rifugio nella dimenticanza, poiché sarete come private di una parte di voi. Una parte importante, per quanto dolorosa: infatti senza di essa il vostro passato è vuoto, e conoscete l’importanza della consapevolezza di esso. –
Riprese a parlare Mneme: – Noi siamo figlie di Sophia. Difatti Oblio e Memoria nascono entrambe dalla Conoscenza soltanto nella conoscenza esiste il ricordo, e soltanto nella conoscenza esiste la dimenticanza. L’uomo ricorda ciò che conosce, e viceversa: se dimentica qualche fatto, lo dimentica perché lo ha precedentemente conosciuto. Nel momeno in cui il fatto si oscura, viene perso, ma ciò avviene soltanto coe conseguenza dell’acquisizione.-
Il discorso passò a Lethe: -Spesso voi esseri umani tenete poco conto di tutto questo e lasciate che l’oblio entri nelle vostre esistenze. Ove passa, lì la conoscenza viene sottratta, e dove essa manca, lì si forma il vuoto.-
Intervenne di nuovo la sorella: -Tutte le conoscenze perse e mai recuperate giacciono qui, e noi ne siamo custodi, in attesa di qualcuno che ne reclami la proprietà e venga alla loro ricerca; abbiamo aspettato anni, decenni, secoli, e ciò non è accaduto. Ma le nostre vite sono immortali ma eternamente intersecate con quella dell’intero cosmo: se esso cessasse di esistere, noi continueremmo a vivere, ma saremmo senza scopo, significato, né consistenza, al pari di pallide ombre trapassate.-
-Forse non vedremo mai le cripte che custodiamo svuotarsi e i loro ospiti riprendere vita, ma sicuramente il vostro arrivo ci riempie di speranza, la speranza che almeno parte dell’umanità sia cosciente dell’importanza della memoria. Ora andate, e riacquisite i vostri ricordi, i quali vi appartengono, vi sono sempre appartenuti e sempre vi apparterranno, ma ricordate: voi siete giunte qui perché questo luogo esiste dentro di voi, ed è così per ognuno, ma purtroppo troppo spesso giace abbandonato e ignorato.-

“E qui, su petali di rose e gigli, giace in attesa la Coscienza, senza pace, nella disperazione, poiché ella è perduta nel buio senza fine, dimenticata e sepolta con indifferenza, e la sua voce ignorata senza rimorsi.”

E.